Nel 1985 in seguito a una forte nevicata crollò il Palazzo dello Sport di Milano. Fui chiamato dal consorzio di imprese Palasport, incaricato dal Comune di Milano della sua ricostruzione, a partecipare alla proposta di un nuovo progetto in alternativa a quello già presentato dall'arch. Aldo Rossi che, per varie ragioni, si rivelò non realizzabile.
Proposi un'idea progettuale "diffusiva". Suggerivo anche di utilizzare le strutture palasportive in modo sistematico, durante tutto l'arco della giornata: una passeggiata circolare interna collegava le strutture fra loro incrementate da servizi sussidiari, negozi e punti di ristoro. Avevo cercato anche di creare una struttura che fosse veramente al servizio della città.
La mia soluzione fu prescelta, ma sorse immediatamente il problema di affiancare al progetto un nome di prestigio, almeno famoso quanto quello dell'arch. Aldo Rossi. Proposi allora il nome di Oscar Niemeyer, architetto brasiliano per il quale in passato avevo sviluppato un progetto esecutivo.
Iniziò per me un'entusiasmante esperienza professionale che non dimenticherò mai: la permanenza a Rio nello studio di Oscar Niemeyer e le fattive giornate di dialogo progettuale con lui.
Credo di aver sempre avuto con lui delle affinità progettuali: la fluidità della linea curva, il valore simbolico del cerchio, l'essenzialità della linea dinamica, il fascino delle linee iperboliche. Ma ho apprezzato in modo particolare un valore espresso da Niemeyer: non concepire una forma architettonica fine a se stessa per puro esibizionismo; la tecnica, intesa nel suo grado di invenzione e nella sua arditezza, non è che un modo di edificare una forma scelta per le sue qualità spazio- funzionali e il suo valore simbolico.
Pur apprezzata per le sue idee funzionali e innovative, per questioni sorte tra il Comune di Milano ed il Consorzio la realizzazione dell'opera venne bloccata e ancora oggi Milano è senza un impianto Palasportivo.